Martedì 21 maggio alle ore 19:00, presso la sala S. Ambrogio, il noto artista bulgaro Emil Marinov Tzeinski con gli ex allievi della maturità 1957/1962, rappresentati da Aldo Zanni, in presenza del Direttore Don Alessandro Ticozzi, ha donato due sue opere grafiche alla casa salesiana, di cui una dedicata a San Giovanni Bosco.

Emil Marinov Tzeinski dona opera dedicata a San Giovanni Bosco

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Chi è Emil Marinov Tzeinski?

Per descrivere la sua opera riprendiamo alcuni passaggi dell’articolo uscito il 31 maggio 2000 sul quotidiano IL GIORNO:

“[…] Vive come un eremita. La sua casa è in cima a una collina, nella verde Brianza, sopra Montevecchia, in provincia di Lecco. Quando scendono le nubi, sembra essere in un luogo fuori del mondo. «Ho bisogno di solitudine» dice Emil Marinov Tzeinski.

«Il mio lavoro richiede silenzio, preghiera, concentrazione e meditazione. E quassù è un posto ideale per cercare il contatto con il soprannaturale». È uno dei maggiori pittori di icone sacre russe.

Nato a Belogradcik, una città nel nord della Bulgaria, nel 1956 […]

[…] Le sue opere sono apprezzatissime. Ha tenuto mostre a Milano, Roma, Assisi, Firenze, Ferrara e in molte città europee. L’icona russa, di origine bizantina, è un’espressione artistica tra le più singolari di ogni tempo. Molti pittori si ispirano, per le loro opere, a quel genere che emana, anche nella nostra epoca, un fascino misterioso. Ma, secondo gli esperti, sono pochissimi gli artisti in grado di realizzare icone sacre secondo le antiche regole della tradizione russa. Emil Tzein- ski è uno di quei pochi, ed è uno dei più grandi tra questi pochi.

Maestro Tzeinski, quali sono i segreti della “vera” arte delle icone sacre russe?

«L’icona non è un quadro normale. É un’opera pittorica che cerca di raffigurare il trascendente. Il soggetto riguarda in genere la Madonna, Gesù, i santi. Ma la vera icona non è una fotografia e non è neppure solo un’immagine. Diventa un “oggetto sacro”, un mezzo per trasmettere a chi la possiede o a chi l’ammira un segno di grazia divina. Non si deve dimenticare mai che, davanti a queste immagini, la gente prega, piange, chiede perdono, cerca il contatto con Dio. Da un punto di vista tecnico, realizzare un’icona non è complicato. Ma infonderle la “sacralità” che la deve contraddistinguere richiede molto impegno interiore. Il pittore di icone è un artista che deve trasmettere alle sue opere la propria anima. Se non lo fa, il suo lavoro è morto.

E lei ci riesce?
«Mi sforzo di farlo seguendo le indicazioni che ho appreso dai miei maestri».

Chi le ha insegnato questo lavoro?

«L’ho appreso in un antico monastero bulgaro. La vera arte per realizzare le icone sacre si apprende solo nei monasteri. Altrimenti si diventa solo dei pittori, che è una cosa del tutto diversa. Il pittore è un professionista, l’autore di icone sacre è una specie di missionario.»

Quanto tempo è rimasto in quel monastero?
«Alcuni anni, in due diversi periodi. La prima volta quando avevo 18 anni, la seconda dopo avere prestato servizio militare.»

Se non erro, in Bulgaria, quando lei era giovane, vigeva il regime comunista, che combatteva ogni forma di religione.
«È vero. Ma il governo proteggeva e sovvenzionava alcuni grandi monasteri, proprio perché in essi vivevano e lavoravano alcuni celebri maestri di icone. Allo Stato non interessavano le icone per il loro significato religioso, ma perché costituivano un patrimonio di grande valore monetario»

Cosa le hanno insegnato quei maestri nel monastero?
«La tecnica specifica per realizzare le icone e soprattutto le regole per renderle “mezzi” che aiutano l’uomo ad avvicinarsi al soprannaturale».

[…] E sua moglie che dice?
«Conosce il valore spirituale delle icone sacre e sa che chi le realizza deve sacrificarsi. Perciò apprezza il mio ascetismo e mi aiuta a praticarlo nel modo più conveniente. Le sono molto grato della sua comprensione, ma anche dei suggerimenti preziosi che mi dà».

Dal punto di vista tecnico, come si realizza un’icona?

«Per tradizione antica, l’icona va dipinta su legno. Un tempo si usava solo il legno tolto dal cuore di un grosso albero. Oggi ci si accontenta di un bel legno, stagionato bene, senza nodi. È bene scegliere legno di alberi che crescono nel luogo dove si lavora. In Russia e in Bulgaria si usava molto, in antico, il pioppo, perché è molto leggero. Io mi servo anche del noce, del castagno e soprattutto del faggio. I vari colori vengono ottenuti con delle polveri naturali, come si usava un tempo».

Come è nata questa sua vocazione?

«Non lo so di preciso. Mio padre è un giornalista, mia madre un agronomo. I miei nonni, agricoltori e allevatori di bestiame, erano molto religiosi. Sono stati loro a trasmettermi la fede in Dio. Ma poiché in Bulgaria, allora, le chiese erano chiuse e nelle scuole non si parlava di religione, a 18 anni, prima del servizio militare decisi di ritirarmi, per un certo periodo, nel monastero di Rila, con lo scopo di approfondire le verità religiose. E fu là che conobbi grandi maestri dell’arte dell’icona e mi appassionai a questo genere di pittura. Tornato a casa, fui preso di mira dalla polizia, che mi tormentava con continui interrogatori. Mi impedivano di trovare lavoro. Per vivere, dovetti ritornare in monastero e appresi così, nel corso di alcuni anni, l’arte di dipingere le icone. Poi ripresi la mia esistenza nel mondo, senza naturalmente riuscire a trovare lavoro. Ho vissuto per diverso tempo a Sofia , poi in Grecia e alla fine sono approdato in Italia, dove ho finalmente realizzato me stesso» […]


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